Ultima chiamata per la “Next Generation”
La risposta che Europa e governi hanno messo in campo contro il Coronavirus “va nella direzione corretta”, ha premesso l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, aprendo il Meeting di Rimini sul finire dell’estate e il ripartire della curva epidemica. Ma ora, ha aggiunto, tornare alla crescita è “un imperativo assoluto”. E per farlo “bisogna investire in modo massiccio sui giovani e sulla loro istruzione”. Più chiaro di così!
A tutti i livelli, da quello dei policy maker a quello dei vertici aziendali, il tema dell’investimento sui giovani dovrebbe essere in cima a ogni agenda. Investimento “massiccio”, ha sottolineato Draghi. Perché la più grave recessione dal Dopoguerra lascerà cicatrici profonde sul corpo sociale dell’Italia. Aumentando le disuguaglianze tra i più forti e chi si trovava già in condizioni debilitate. Ci si concentra spesso sulle disuguaglianze di reddito, ma non è questa, probabilmente, la frattura più insidiosa. Non lo era prima del Covid, dal momento che la distribuzione delle entrate risultava, nel nostro Paese, più egualitaria rispetto ai ruggenti anni Sessanta.
È invece la distribuzione del lavoro a essere diventata nel nostro Paese fortemente diseguale. C’è un’Italia spaccata in due: meno della metà della popolazione lavora. E tra chi lavora, una minoranza che spesso lavora addirittura troppo, c’è una ulteriore doppia, profonda frattura, quella tra under e over 40 e una seconda tra uomini e donne. Alla lunga questa crescente disuguaglianza nell’accesso al lavoro ha finito per bloccare l’ascensore sociale nel Paese, tanto che 9 italiani su 10 sono oggi più poveri dei loro genitori.
Il vero rischio, allora, è che la pandemia finisca per dividere ulteriormente protetti e non protetti, garantiti e schiavi della precarietà. E che a pagare il conto più alto siano i giovani, impossibilitati persino a immaginare un futuro. Con l’amaro risultato che se nell’Italia di 30 anni fa l’incidenza della povertà era massima nelle classi anziane e minima nelle classi giovani, oggi è purtroppo vero il contrario. Così come sono cresciute in particolare la disoccupazione giovanile e le nuove “malattie” dell’inattività e dell’abbandono di scuola e percorsi formativi che lascia tanti ragazzi e ragazze senza prospettive.
Nella ricostruzione del tessuto economico e sociale del Paese, pertanto, una delle priorità dovrebbe essere quella del riequilibrio generazionale, proprio a partire da investimenti nell’istruzione e nell’educazione, nella formazione permanente e nei servizi di accompagnamento al lavoro dei giovani. Anche le aziende possono giocare un ruolo da protagoniste in questa partita.
Il piano europeo ha in tal senso un nome che indica quale ponte anzitutto andrebbe ricostruito con i 200 miliardi in arrivo: “Next Generation EU”. Un ponte per l’Italia di domani da completare oggi. Un ponte anche tra le generazioni, per costruire il futuro di coloro a cui vogliamo lasciare il testimone di un Paese migliore.