Covid-19: impatti gestionali nel mercato internazionale.
Quando l’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato ufficialmente il coronavirus “pandemia”, pochi avrebbero previsto fino a che punto il mondo sarebbe cambiato e la velocità con cui tale cambiamento sarebbe avvenuto. La chiusura delle frontiere e le restrizioni alla circolazione hanno avuto un impatto immediato sui team che si occupano di global mobility, i quali hanno dovuto affrontare sconvolgimenti di processi già consolidati e a dover supportare il personale all’estero per superare la crisi.
Vediamo di seguito i risultati principali della recente indagine con cui ECA International ha esaminato l’impatto della pandemia e i cambiamenti che si faranno sentire nel 2021 e oltre.
Verso un new normal?
I diversi impatti del virus in tutto il mondo hanno richiesto a molte aziende l’adozione di approcci dalle molteplici sfumature; alcuni espatri sono proseguiti senza interruzioni, altri invece hanno richiesto specifiche azioni. Oltre la metà delle aziende intervistate ha proposto il rimpatrio temporaneo ad alcune risorse, mentre per una percentuale leggermente superiore gli incarichi internazionali sono andati avanti senza soluzione di continuità. In media, le aziende hanno rimpatriato (temporaneamente o in maniera definitiva) circa un terzo del loro personale durante la pandemia, sebbene una percentuale significativa di aziende non abbia operato alcun rimpatrio.
Resta una forte incertezza sul tempo necessario affinché le cose tornino “normali”. La maggior parte delle aziende sta ancora pianificando nuove assegnazioni per quando le limitazioni ai viaggi saranno revocate (diversi Paesi hanno già iniziato il processo di riapertura). Tuttavia, in un numero crescente di località, nuovi picchi di casi hanno costretto il ritorno a restrizioni più severe. Nonostante queste difficoltà, oltre la metà delle aziende del campione ha ritenuto che la propria azienda abbia risposto bene alla pandemia. Forti dell’esperienza acquisita dagli eventi del 2020 e delle nuove soluzioni e procedure adottate, i team di global mobility dovrebbero ora essere maggiormente in grado di far fronte alla “nuova normalità”.
La tecnologia a supporto dell’adattamento
Le aziende che ritengono di aver risposto adeguatamente alla pandemia sono quelle che già disponevano di soluzioni tecnologiche per gestire parte dei loro processi di mobilità internazionale (71%) e si sono dunque trovate in una posizione migliore per resistere alla tempesta.
Il lavoro da remoto è stato adottato in tutto il mondo, interessando sia i team di global mobility che il personale espatriato. La soluzione del lavoro a distanza e delle tecnologie ad esso connesse, si è dimostrata un’ancora di salvezza durante la pandemia, permettendo al business di continuare (ove possibile) in condizioni quasi normali, qualcosa che solo pochi anni fa non sarebbe stato possibile.
Fonte: “Global Mobility and Covid-19”, ECA International, 2020.
Ciò tuttavia ha dato origine a nuove criticità da affrontare per chi gestisce la global mobility. C’è stata, o ci sarà, una crescente necessità di monitorare il luogo in cui si trovano (comprese le date di ingresso e di arrivo) i dipendenti che lavorano da remoto in un Paese diverso da quello di occupazione, in modo che le aziende possano tenere sotto controllo e verificare le relative implicazioni retributive, fiscali e previdenziali. Anche la validità dei visti può essere a rischio per via di un luogo di lavoro diverso da quello indicato nella richiesta di visto.
La tecnologia non ha solo reso il lavoro da remoto più efficiente. Una delle principali preoccupazioni per molte aziende è stata quella di assicurare il benessere degli espatriati in questo periodo, accompagnata dalla necessità di un maggiore coinvolgimento dei lavoratori stessi per approfondire le singole situazioni e valutare eventuali modifiche alle condizioni di espatrio. Per questo, le aziende durante la pandemia hanno introdotto anche tecnologie a supporto dei processi di comunicazione e supporto diretto agli espatriati.
Fonte: “Global Mobility and Covid-19”, ECA International, 2020.
Anche l’introduzione di strumenti per tracciare gli spostamenti dei dipendenti all’estero e per monitorare lo status di avanzamento dell’assegnazione sono tra le soluzioni più comuni prese in considerazione dalle aziende, poiché la pandemia ha evidenziato la necessità di disporre di tecnologie utili a conoscere in tempo reale dove si trovano le persone e quanto sono vicine alla fine del loro incarico, per prendere decisioni informate e consapevoli sul loro rimpatrio.
Ritorno ai numeri pre-Covid
A causa dei rimpatri e dell’impossibilità di attivare nuove assegnazioni, molte aziende hanno visto una riduzione del numero degli espatri.
La maggior parte delle multinazionali sta comunque pianificando nuove assegnazioni internazionali per quando i viaggi all’estero diventeranno nuovamente possibili, sebbene i problemi legati agli aspetti immigration siano ritenuti come la sfida più grande per i team di global mobility, guardando al futuro. Con il ritorno alla normalità per i viaggi internazionali ancora lontano, è molto probabile che gli incarichi con durata più brevi e meno complessi da avviare siano stati rinviati a tempo indeterminato. C’è un’aspettativa generale che il numero degli espatri di breve-media durata tornerà ai livelli pre-pandemici nell’arco di 6 – 12 mesi, mentre per le assegnazioni di lungo termine si prevede che saranno necessari circa 2 anni (o più, per una minoranza di aziende del campione) per un ritorno alla normalità pre-Covid19.
Fonte: “Global Mobility and Covid-19”, ECA International, 2020.
C’è meno ottimismo rispetto a prima, poiché più aziende prevedono diminuzioni piuttosto che aumenti del numero per la maggior parte delle tipologie di espatrio rispetto ai loro piani pre-pandemia. Oltre alle limitazioni ai viaggi e alla circolazione, la necessità di ottimizzare i costi potrà ridurre ulteriormente il numero di assegnazioni internazionali. La principale eccezione è rappresentata dagli espatri virtuali, in cui le risorse svolgono il loro ruolo da espatriato a distanza, dal Paese di origine. Questo tipo di incarico ovvierebbe alle restrizioni di viaggio e potrebbe rivelarsi più economico, sebbene sarebbe soggetto a limitazioni pratiche connesse ad esempio alle differenze di fuso orario, nonché alle questioni fiscali e previdenziali, oltre che di immigrazione menzionate in precedenza. Resta inoltre da vedere se la pandemia avrà un effetto duraturo sulla disponibilità e il desiderio dei dipendenti di trasferirsi fisicamente in un altro Paese.
Il cambiamento è in atto
Due terzi del campione ha confermato di aver già implementato o di avere in programma in seguito alla pandemia, interventi a modifica delle politiche e dei processi di global mobility. In alcuni casi, i l’implementazione delle nuove strategie di gestione indotti dalla pandemia saranno semplicemente un’accelerazione di trend già esistenti, come nel caso del lavoro a distanza.
I costi sono sempre al centro dell’attenzione, con quasi la metà degli intervistati che sostiene di aver ricevuto (o di ricevere nel prossimo futuro) indicazione di ridurre i costi associati alla mobilità internazionale.
Fonte: “Global Mobility and Covid-19”, ECA International, 2020.
Il modo più comune di ridurre i costi è stato quello di ridurre gli espatri e, in futuro, ci si aspetta uno “spostamento” verso incarichi basati sulle esigenze aziendali, con assegnazioni motivate da ragioni di sviluppo in calo. Molte aziende che non avevano un piano di gestione delle crisi, in particolare quelle con meno espatriati, ne stanno sviluppando uno. Oltre agli interventi posti in essere dalle aziende stesse, una delle sfide più impegnative della pandemia è – e sarà nei prossimi mesi– rappresentata dai cambiamenti improvvisi nelle normative dei Paesi.
Conclusioni
Le sfide da affrontare durante la pandemia Covid-19 si evolvono continuamente. Le criticità relative alla gestione del rimpatrio e del lavoro a distanza si sono attenuate, sostituite dalle preoccupazioni per le implicazioni fiscali connesse alle nuove modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e per i tagli al bilancio della global mobility alla luce della crisi economica. La situazione globale è ancora incerta, con la prospettiva di repentini cambiamenti normativi che creeranno difficoltà nella pianificazione di nuove assegnazioni internazionali, con quelle di più breve durata rese in larga parte impraticabili a causa delle restrizioni ai viaggi e delle misure di quarantena. Tuttavia, molti cambiamenti alle politiche e ai processi di mobilità internazionale sono già stati attuati, altri sono in arrivo, seppure la maggior parte dei partecipanti all’indagine abbia ritenuto ad oggi di aver gestito adeguatamente la situazione. L’esperienza di questi mesi sarà dunque fondamentale per adattarsi al panorama globale in continua evoluzione.