Coronavirus: le linee guida UE per la libera circolazione dei lavoratori frontalieri e distaccati
Autori:
Lorenzo Zanoni – Senior Consultant ECA Italia
Lavinia Aiosa – Junior Consultant ECA Italia
Il 30 marzo 2020 la Commissione Europea ha pubblicato delle linee guida allo scopo di continuare a garantire la mobilità dei lavoratori all’interno dell’UE, rivolgendo particolare attenzione verso quei lavoratori che svolgono attività di importanza cruciale per combattere la pandemia di COVID-19 (quali, a titolo esemplificativo, operatori sanitari, lavoratori del settore alimentare, operatori socioassistenziali, etc.), affinché sia loro garantita la possibilità di raggiungere il luogo di lavoro.
In particolare, il documento si rivolge ai lavoratori frontalieri (ossia quella categoria di lavoratori che svolgono la propria attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza abituale e che quotidianamente fanno ritorno presso il Paese di residenza) e ai lavoratori distaccati (quei lavoratori che, in via temporanea, vengono inviati, dal proprio datore di lavoro situato in un dato Stato membro, a lavorare in un altro Stato membro nell’ambito di una prestazione di servizi).
Lavoratori distaccati
Ai lavoratori che si trovano in uno Stato membro, distaccati dal proprio datore di lavoro nell’ambito di una prestazione di servizi (quindi in uno “Stato ospitante”) e che continuano a svolgervi la propria attività lavorativa, continuerà ad applicarsi la legislazione dello Stato membro ospitante relativamente alle condizioni di lavoro di base (salario minimo, orario massimo di lavoro e minimo di riposo, le norme in materia di salute, sicurezza e igiene sul lavoro, etc.). Nel caso in cui non sia consentito recarsi sul posto di lavoro a causa delle restrizioni COVID-19, il lavoratore dovrà rispettare le norme dello Stato membro ospitante. Ad ogni modo, manterrà il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale dello Stato membro cui versa i contributi previdenziali e non del Paese ospitante.
Lavoratori distaccati e sicurezza sociale
I lavoratori il cui distacco verso un altro Stato membro ha avuto inizio prima della diffusione della pandemia di COVID-19, non dovrebbero essere interessati da restrizioni nazionali sui valichi di frontiera, in quanto già fisicamente presenti nel Paese host. Pertanto, i lavoratori proseguiranno il loro periodo in distacco così come specificato nel PD A1 e manterranno le coperture assicurative nello Stato membro in cui è stabilito il loro datore di lavoro o, in caso di lavoratori autonomi, nel Paese in cui sono di norma assicurati.
I lavoratori il cui distacco verso un altro Stato membro ha avuto inizio prima della diffusione della pandemia di COVID-19, ma che hanno necessità di muoversi verso un altro Stato membro potrebbero essere impattati dalle restrizioni imposte dallo Stato host in cui è prestata l’attività di lavoro (ad esempio, nel caso in cui lo Stato host imponga restrizioni all’ingresso a soggetti provenienti da determinati Paesi).
Alla luce di ciò, prima di uscire dallo Stato ospitante, la Commissione europea raccomanda di verificare con le autorità competenti se, al rientro, sarà concesso l’ingresso nel Paese. Qualora al lavoratore in questione venisse negato l’ingresso, determinando quindi un’interruzione del periodo di distacco, il datore di lavoro dovrà contattare l’istituzione competente che ha rilasciato il PD A1 per ulteriori istruzioni.
Per i lavoratori il cui distacco verso un altro Stato membro era stato programmato in data successiva all’inizio dell’epidemia, è probabile che il periodo di distacco subisca ritardi a causa delle restrizioni nazionali all’ingresso in alcuni Stati membri. In tal caso, il datore di lavoro o il lavoratore autonomo dovrà contattare l’istituzione competente dello Stato membro che ha rilasciato il PD A1 per ulteriori istruzioni.
Allo stesso modo, in caso di lavoratori stagionali il cui inizio dell’attività lavorativa era previsto in data successiva alla diffusione dell’epidemia di COVID-19, si dovrà procedere come descritto sopra.
Restrizioni alla libera circolazione imposte dallo Stato membro nel contesto dell’attuale crisi COVID-19
Con riferimento alle restrizioni alla libera circolazione, la Commissione europea ricorda infine che, ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 3, TFUE e della Direttiva 2004/38/CE, è possibile introdurre misure che limitino il diritto alla libera circolazione dei lavoratori per motivi di ordine pubblico o di sicurezza interna, anche in caso di rischio rappresentato da una malattia contagiosa. Naturalmente, le restrizioni devono essere necessarie, proporzionate e basate su criteri obiettivi e non discriminatori.
Lavoratori frontalieri
Con riferimento ai lavoratori frontalieri, secondo quanto disposto dalla Commissione all’interno delle “Guidelines for border management measures to protect health and ensure the availability of goods and essential services and the Guidelines concerning the exercise of the free movement of workers during the COVID-19 outbreak”, gli Stati membri non dovrebbero impedire l’attraversamento della frontiera a lavoratori frontalieri e stagionali; al contrario, dovrebbero definire specifiche procedure rapide per garantire loro di spostarsi agevolmente alla frontiera.
Condizioni di lavoro:
Ai sensi di quanto previsto all’articolo 8 del Regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), la legge applicabile ai contratti di lavoro individuali è, di norma, quella dello Stato membro in cui il lavoro viene svolto abitualmente. In altre parole, se a causa delle restrizioni in uscita o in entrata, il lavoratore, in quanto frontaliere, non può adempiere ai propri obblighi ai sensi del contratto di lavoro, sarà la legge dello Stato membro presso cui lavora abitualmente a determinare le implicazioni giuridiche dell’impossibilità di lavorare.
Ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento (UE) n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, il lavoratore ha diritto a godere degli stessi vantaggi sociali e fiscali concessi dallo Stato membro di lavoro ai lavoratori nazionali i cui diritti di circolazione sono limitati.
Frontalieri e Teleworking:
La Commissione europea specifica che un lavoratore frontaliere che non può recarsi nell’altro Stato membro per svolgere attività lavorativa e che, di conseguenza, svolge la propria attività in modalità di “teleworking” dal proprio Paese di origine, non è considerato un lavoratore distaccato.
Pertanto, le condizioni di lavoro “core” dello Stato membro di origine non saranno applicabili, in quanto non vi è un prestatore di servizi/destinatario del servizio presso lo Stato membro di origine. Il contratto di lavoro continuerà a essere regolato secondo la legislazione dello Stato membro di servizio – come prima – a meno che non siano stati sottoscritti accordi diversi con il datore di lavoro. In altre parole, non sarà necessario presentare alcuna richiesta o modulo specifico a riguardo.
Ai sensi dell’articolo 45 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) e dell’articolo 7 del Regolamento (UE) 492/2011 sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, come già sottolineato, si ha diritto ad accedere agli stessi vantaggi sociali e fiscali concessi dallo Stato membro di lavoro concessi ai lavoratori nazionali i cui diritti di circolazione sono limitati. Dunque, i lavoratori frontalieri godono degli stessi diritti dei lavoratori residenti e nazionali. Si fa presente, inoltre, che alcuni Paesi hanno già sottoscritto accordi reciproci e introdotto le disposizioni amministrative pertinenti che confermano che il telelavoro non modifica la designazione del Paese competente.
Frontalieri e disoccupazione:
Qualora un lavoratore frontaliere o stagionale perdesse il lavoro durante questo periodo, questo dovrà contattare l’istituzione competente per l’assicurazione contro la disoccupazione del proprio Stato membro di residenza. Il soggetto avrà diritto all’indennità di disoccupazione prevista dallo Stato membro di residenza alle stesse condizioni dei disoccupati dello stesso Stato e dovrà dichiarare la propria disponibilità al lavoro presso il centro per l’impiego competente del Paese di residenza.
Qualora il soggetto fosse un frontaliere che, in generale, non fa ritorno nel proprio luogo di residenza almeno una volta alla settimana, questo potrà cercare lavoro nello Stato membro di residenza o nello Stato membro di ultima occupazione. In questo caso, sarà necessario contattare l’istituzione competente dello Stato membro in cui si decide di cercare lavoro. Il soggetto avrà diritto alle indennità di disoccupazione previste dallo Stato membro prescelto alle stesse condizioni dei soggetti disoccupati di quello Stato; inoltre, dovrà presentare la propria dichiarazione di disponibilità al lavoro presso le istituzioni pertinenti di tale Stato.
Un lavoratore stagionale che perdesse il lavoro durante questo periodo dovrà contattare l‘istituto di assicurazione contro la disoccupazione dello Stato membro presso cui è assicurato. La Commissione chiarisce inoltre che, se il soggetto normalmente svolge attività anche nello Stato membro di residenza, questo dovrebbe essere lo Stato di assicurazione dell’individuo. In questo caso, egli avrà diritto alle indennità di disoccupazione dallo Stato membro di residenza alle stesse condizioni dei soggetti disoccupati in tale Stato e dovrà fornire la propria disponibilità al lavoro presso lo stesso Paese, cioè quello di residenza.
Frontalieri e sicurezza sociale:
Con riferimento alla legislazione di sicurezza sociale applicabile, nello scenario attuale, continuano ad applicarsi le norme europee sul coordinamento della sicurezza sociale. Tuttavia, tali norme offrono una certa flessibilità ai lavoratori interessati affinché mantengano le coperture assicurative nel Paese in cui sono stati assicurati prima dell’epidemia di COVID-19. A seconda delle circostanze in cui si trovano i lavoratori interessati, la Commissione evidenzia i seguenti scenari:
- Frontalieri che lavorano esclusivamente in uno Stato membro diverso da quello di residenza
Tali soggetti sono assicurati nello Stato membro di arrivo. Qualora non vi fossero le condizioni per lavorare nello Stato membro di lavoro usuale e, temporaneamente, il soggetto dovesse lavorare da casa, tale circostanza in linea di principio non dovrebbe comportare alcun cambiamento nella legislazione applicabile in materia di copertura previdenziale, in virtù del fatto che, come detto, si tratta di una circostanza temporanea. Pertanto, il soggetto continuerà ad avere diritto a tutte le prestazioni di sicurezza sociale dello Stato membro di arrivo.
- Frontalieri che lavorano sia nello Stato di occupazione sia nello Stato di residenza e assicurati nello Stato membro di occupazione poiché l’attività nello Stato di residenza non è sostanziale (inferiore al 25% dell’orario di lavoro)
Tali soggetti sono assicurati nello Stato membro di arrivo. Tuttavia, è possibile che l’attività svolta nello Stato di residenza aumenti, superando il 25% dell’orario di lavoro in un periodo di 12 mesi e, di conseguenza, divenendo “sostanziale”. In tal caso, la legislazione del proprio Stato di residenza potrebbe diventare applicabile ai sensi dell’articolo 13 del regolamento (CE) n. 883/2004 solo se l’orario di lavoro medio per un periodo di 12 mesi superasse il 25% dell’orario di lavoro totale svolto. Pertanto, il fatto che in questo periodo il soggetto svolgerà un’attività sostanziale nel proprio Stato di residenza non dovrebbe avere alcun impatto sotto l’aspetto della sicurezza sociale. Infatti, il lavoratore dovrebbe essere già in possesso del Documento Portatile (PD) A1, rilasciato ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento (CE) n. 883/2004 dall’istituzione competente nello Stato membro di occupazione.
- Frontalieri che lavorano sia nello Stato membro di occupazione che nello Stato membro di residenza e assicurati nello Stato di residenza poiché svolgono presso quest’ultimo attività di lavoro sostanziale (oltre il 25% dell’orario di lavoro)
Tali soggetti rimangono assicurati nello Stato membro di residenza. Dovrebbero essere già in possesso di un PD A1 rilasciato ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento (CE) n. 883/2004 dall’istituzione competente nel Paese di residenza. Le restrizioni alle frontiere e il telelavoro non dovrebbero avere alcun impatto sulla copertura previdenziale.
Qualora il lavoratore frontaliere non rientrasse all’interno degli scenari descritti sopra, verificandosi dunque una variazione della copertura previdenziale, il soggetto potrà richiedere al proprio datore di lavoro di presentare una richiesta all’autorità competente dello Stato membro cui desidera continuare ad essere soggetto. Il datore di lavoro dovrebbe convalidare la richiesta in quanto è nell’interesse del lavoratore rimanere assicurati nello Stato membro di attuale copertura.
Frontalieri e prestazioni sanitarie:
Coloro i quali lavorano in un Paese dell’UE e risiedono in un altro Stato membro hanno diritto a ricevere le cure mediche in entrambi i Paesi.
È auspicabile che i lavoratori in oggetto siano già registrati nel Paese presso cui prestano attività lavorativa e che abbiano ricevuto un modulo S1 dalla propria autorità sanitaria competente (diversamente, la Commissione raccomanda a tali lavoratori di procedere con la registrazione, richiedere tale modulo e inviarlo all’autorità sanitaria competente del Paese in cui vivono). Il modulo S1, infatti, garantisce il diritto di ottenere assistenza sanitaria nel Paese in cui si risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di quello Stato.
Ad ogni modo, è possibile contattare direttamente la Commissione Europea al seguente link per sottoporre quesiti specifici, considerata la situazione in rapida e continua evoluzione.