BREX-PATS?
BREX-PATS?
Dopo 42 mesi dal referendum il Regno Unito lascia l’Unione Europea 47 anni dopo la sua adesione. Tra commenti, ipotesi, posizioni sul tema, sono state molte le situazioni e circostanze di dibattito su un evento che qualche anno fa era obiettivamente impensabile. Diventa importante fissare qualche punto per comprendere o cercare di immaginare come i macro temi affrontati di norma dalle Direzioni HR e in generale dalle aziende possano, eventualmente, mutare di prospettiva.
Transizione: cos’è? Dal 1° febbraio i britannici non sono più cittadini comunitari, posto che dovranno in ogni caso trascorrere altri 8 mesi di transizione (dal mese di marzo, in cui viene pubblicato questo articolo, ndr): fino al 31 dicembre 2020 nulla cambia con riguardo a rapporti commerciali, mercato unico e unione doganale. Il periodo di transizione sarà peraltro cruciale in quanto dovranno essere definitivamente negoziati i futuri rapporti tra UE e UK.
Possibili sviluppi nel breve periodo Hard o soft Brexit? Su questo fronte non si sono per ora avute novità sul cosiddetto “accordo di ritiro” e come lo stesso dovrà operare. È oramai condiviso che qualora i negoziati non portino a un’intesa (di fatto ancora questa situazione nel momento in cui scriviamo non è stata concertata), sarebbe inevitabile una reintroduzione dei dazi su prodotti e servizi scambiati tra UK e UE. I settori e business interessati sono pressoché tutti: dal traffico e sicurezza aerea, alla fornitura di gas ed elettricità e in generale energia, settore farmaceutico, beni di largo consumo, ma anche gestione dei dati e delle informazioni. Questo significa impatti su tutto il circuito dell’economia e più in generale un nuovo modo di porsi per tutti quegli stakeholders che mettono in moto e muovono l’economia: professionisti, lavoratori autonomi, aziende, organizzazioni internazionali.
E gli expats? Arriviamo al tema e al punto che ci vede maggiormente coinvolti: la linea di principio è che la libera circolazione verrà meno ed è realistico che UK tenda ad approcciarsi nel tempo a un profilo che potrebbe richiamare, sul piano europeo, la Svizzera. Di certo i cittadini UE potranno entrare in UK solo se in possesso di passaporto, questo anche con riguardo al mero viaggio di lavoro o per turismo, circostanza che ovviamente, in senso inverso, riguarderà anche i cittadini britannici in ingresso nei paesi UE (dal 2021 sarà in vigore il sistema ETIAS per l’Area Schengen, in sostanza l’ESTA europeo). Va ricordato che UK non ha comunque mai fatto parte di Shengen seppure la carta di identità fosse in ogni caso un documento pienamente valido e riconosciuto e lo sarà anche in questa fase transitoria. Dal 2021 l’ingresso sarà consentito solo se in possesso di passaporto. E del visto. Quest’ultimo tema diventerà uno dei nuovi item da mettere sul “tavolo della gestione” e degli impatti che Brexit avrà sulla Global Mobility. Un aspetto interessante, da sempre un parametro, va detto, in UK, sarà il requisito di natura qualitativa della prestazione potenzialmente resa dal lavoratore straniero. Non ci saranno infatti limiti all’immigrazione legale con riguardo a candidati destinati a coprire posizioni di lavoro retribuite con Base Salary/pacchetti retributivi superiori a 30.000 GBP. Si tratta di un parametro/vincolo che dovrebbe in larga parte costituire una garanzia per le aziende che continueranno ad avere bisogno di espatriati in UK. Il vincolo dei 30.000 GBP sembrerebbe in effetti facilmente superabile. Sul tema è in corso una dinamica discussione tra i vari stakeholders britannici, essendoci una forte spinta/pressione ad abbassare ulteriormente questa “barriera all’ingresso” a 26.000 GBP.
Non resta che attendere l’effetto domino che le decisioni di ordine politico nel Regno Unito e nei singolo Stati membri dell’UE potranno avere su processi e modelli di gestione aziendale. Con riguardo al mondo a noi più vicino, quello della global mobility, gli impatti più significativi dovrebbero toccare aspetti di taglio amministrativo/procedurale e in particolare la tematica migratoria e previdenziale: per ora nulla cambia. Lo conferma l’INPS con la Circolare n. 16 del 4 febbraio 2020: fino al 31 dicembre 2020 si continuerà ad applicare la normativa comunitaria in materia di sicurezza sociale nei rapporti con il Regno Unito, pertanto i certificati A1 saranno validi e sarà possibile totalizzare i periodi assicurativi maturati in UK per fare domanda di pensione in Italia. Le conseguenze più rilevanti dovrebbero e potrebbero toccare la sfera del business, andrà compreso e poi declinato su casi concreti l’effetto di una politica UK nel tendere meno inclusiva, cercando poi di verificare se questo nuovo approccio potrà o meno “drenare” una domanda di espatrio che fino a oggi ha visto in UK uno dei maggiori terminal di approdo per le aziende di tutto il mondo. Incluse le nostre. Buona lettura di IMJ
Andrea Benigni
Amministratore Delegato ECA Italia
