Un buon taglio di capelli per tarare la busta paga degli expat

Per chi deve preparare la busta paga e i relativi benefit a un lavoratore espatriato potrebbe risultare altrettanto utile farsi un giretto dal barbiere. Non è perché siamo in una barberia, quella di Eca, naturalmente, ma perché il costo del barbiere pare un buon parametro per valutare il potere di acquisto nei diversi Paesi del mondo.

 

Si narra che Alan Greenspan, a lungo presidente della Federal Reserve americana, fosse avvezzo a verificare l’andamento della produzione di imballaggi per cercare di capire se era il caso o meno di agire sulla leva dei tassi. Contava gli scatoloni, detto in altri termini, per valutare l’andamento dell’economia reale e tarare di conseguenza la politica monetaria. Una stretta ai Fed Funds, in caso di contrazione del Prodotto interno lordo, avrebbe infatti rischiato di aumentare la frenata e favorire una recessione. Se la produzione di imballaggi andava invece a gonfie vele, tassi troppo bassi avrebbero rischiato di surriscaldare il motore. Con la “bolla” della New Economy, adire il vero, Greenspan prese un abbaglio. Ma l’utilizzo di un metodo empirico basato sugli “involucri” risulto per il numero uno della Banca centrale americana vincente in molte altre circostanze. E contribuì ad alimentare la sua fama di “mago” dei mercati, oltre che di discreto sassofonista e musicista jazz.

Un servizio di taglio di capelli regolare per signora, ad esempio, costa 94.32 dollari a Zurigo (Svizzera) contro 22.60 a Kiev (Ucraina), 12.17 a Città del Messico e 7.50 al Cairo (Egitto); tuttavia, a Zurigo una donna deve lavorare in media solo 3,05 ore per permettersi una seduta dal parrucchiere, mentre a Kiev occorrono 12,09 ore di lavoro, a Città del Messico 5,86 e al Cairo 6,11. Quello del parrucchiere è uno dei 128 prezzi analizzati da un rapporto realizzato da UBS Global Wealth Management – il diciassettesimo della serie – che mette a confronto il costo della vita in 77 città per rendersi conto delle differenze in termini di potere d’acquisto a livello globale. Per questo una sbirciata al microsito “Prezzi e Salari” (www.ubs.com/pricesandearnings) potrebbe essere consigliabile a un HR manager che avesse a che fare con la gestione degli expats. Scoprirebbe ad esempio, il nostro, che Los Angeles vanta il potere d’acquisto più alto a livello globale rispetto alla retribuzione media: oggi un lavoratore che risiede nella metropoli californiana può permettersi quasi un quarto (23,9%) di più di una persona che vive a New York.

Navigando sul microsito – che svela quanto costano gli oggetti di culto dei millennials in varie località del mondo o quanto tempo bisogna lavorare per potersi permettere un iPhone X in diverse città – l’HR manager rileverebbe poi che la città più cara del mondo è sempre Zurigo, ma Milano si piazza in settima posizione. Per potere di acquisto, invece, Milano è al 33esimo posto (indice al 68,3), in coda a quasi tutte le città europee (peggio solo Lisbona e Atene), e ben al di sotto dell’altra città italiana analizzata nello studio, Roma, che si attesta al 18esimo posto (indice all’88,1).

Lo studio svolto per la prima volta nel 1971, dicevamo, analizza i prezzi di 128 beni e servizi nonché i salari medi di 15 professioni che rappresentano la media della popolazione attiva, con oltre 75.000 dati raccolti e studiati. Una miniera.

Dalla quale estrarre anche un consiglio: molto meglio andare a tagliarsi i capelli a Los Angeles invece che a Milano.

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