L’impiegabilità degli over 50? Da costruire nel corso della carriera

L’attuale mondo del lavoro propone modelli di impiego sempre più incerti e frammentari, con contratti di lavoro a termine o precari, all’interno di scenari che vanno dal boom della cosiddetta gig economy, alle crisi finanziarie che destabilizzano, a cicli sempre più ravvicinati, intere economie (e con esse anche aziende grandi e consolidate).

Le persone sembrano essersi adattate, e raramente si aspettano relazioni di lavoro più durature. Tuttavia, questo si verifica sulla base di una fondamentale (e implicita) premessa: le aziende si faranno carico di coltivare e contribuire a rafforzare profili di competenze spendibili in futuro e in altre realtà. Si è diffuso così il concetto di impiegabilità, non solo come “oggettiva” possibilità di trovare impieghi alternativi, ma come percezione individuale del match tra caratteristiche individuali e possibilità esterne.

L’impiegabilità è una grande risorsa individuale, che consente di riuscire ad orchestrare piani d’azione efficaci nella ricerca di un lavoro, individuare le migliori opzioni disponibili nel contesto di riferimento, e gestire gli alti e bassi emozionali che si vivono durante la ricerca di un lavoro.

Per alcune fasce della popolazione, quelle a rischio o, per diversi motivi, più “deboli” nel mercato del lavoro, mantenere e rinvigorire la propria impiegabilità risulta ancora più importante. Si pensi, ad esempio, ai lavoratori over 50 a cui viene richiesto di lavorare più a lungo ma che, spesso, si trovano a fronteggiare discriminazioni più o meno evidenti durante le fasi di selezione.

Da questa osservazione è nato uno studio volto a rispondere alle domande: “Esiste una associazione tra età e impiegabilità?”, e “Quali fattori possono migliorarla o peggiorarla?”. Utilizzando i dati del gruppo di ricerca 5C (collaborazione cross-culturale sulle carriere contemporanee), abbiamo analizzato le risposte fornite da oltre 9000 rispondenti in 30 paesi, con i seguenti risultati.

  • Con l’avanzare dell’età si abbassa la percezione individuale di impiegabilità.

Questo si spiega in virtù di norme condivise in merito all’età, sulla cui base si tende a giudicare come “appropriati” o meno i comportamenti e le decisioni di carriera. In quest’ottica, da persone più mature non ci si aspetta che cerchino un nuovo impiego, o ci si attende che non saranno efficaci quanto i giovani. Sulla base di tali stereotipi spesso i lavoratori più maturi sono vittima di discriminazioni. In aggiunta agli stereotipi degli altri, però, i lavoratori più maturi possiedono anche “meta-stereotipi”, e cioè idee stereotipiche su come gli altri, soprattutto persone appartenenti ad altre generazioni, li vedono. Tali idee preconcette fanno sì che nella considerazione delle proprie capacità, oltre che delle possibilità esterne, i lavoratori over 50 vedano tutto più negativamente.

  • L’associazione negativa tra età e impiegabilità si riduce per quelle persone che hanno sperimentato numerose pratiche di sviluppo durante il corso della loro carriera.

Questo risultato mostra il ruolo fondamentale giocato dalle organizzazioni anche in una logica di prevenzione o anticipazione delle difficoltà che i lavoratori potrebbero incontrare in età più avanzata. Gestire una popolazione aziendale multi-generazionale significa, infatti, implementare pratiche di gestione delle risorse umane non solo attente alle diverse esigenze legate all’età, per esempio utilizzando il flexi-time o lo smart-working; significa anche e soprattutto investire sulle competenze individuali durante tutta la carriera, attraverso strumenti come il coaching, il counseling, la valutazione multi-rater. Queste pratiche, che coinvolgono tutte almeno un’altra persona (mentore, counselor, capo, colleghi, collaboratori), consentono a chi ne viene coinvolto di ricevere informazioni su di sé e sulle proprie prestazioni; e di giungere così ad una visione più accurata di sé, dei propri punti di forza e di debolezza. Uno sguardo articolato sulle proprie competenze è ciò che consente ai lavoratori maturi una valutazione più accurata della propria impiegabilità.

 

  • La minore impiegabilità percepita dai lavoratori più maturi non sembra peggiorare nei contesti con più elevato tasso di disoccupazione.

Nonostante un alto tasso di disoccupazione riduca la percezione di impiegabilità tout court, perché informa sulle condizioni del mercato del lavoro, il nostro studio rivela che questo fenomeno non è più marcato per i lavoratori over 50, e che non vi sono differenze tra paesi nell’azione benefica delle pratiche di sviluppo.

 

In conclusione, le responsabilità organizzative nel contribuire all’impiegabilità individuale sono importanti. Da un lato, in virtù delle pratiche di sviluppo grazie alle cui le persone riescono ad acquisire un’immagine di sé più accurata e quindi anche a contrastare gli stereotipi ed i meta-stereotipi. Dall’altro, perché questo risultato si riscontra in tutti i paesi, e possiamo quindi definirlo universale piuttosto che specifico di alcune culture.

 

Lo studio qui citato è il seguente:

Dello Russo S., Parry E., Bosak J., Ferencikova S., & Dickmann M. (2018). Employability as a Function of Age and OCM Practices: A Cross-country Comparison. Paper presented at the Annual Meeting of the Academy of Management (AoM), August 10-14, Chicago, USA.

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