La tassazione degli immobili dell’espatriato

Come è noto, in linea generale gli immobili detenuti in Italia sono soggetti alle imposte locali di natura patrimoniale, IMU e TASI.

Tuttavia, tali imposte non sono dovute per l’abitazione principale e le relative pertinenze, classificate nelle categorie catastali C/2, C/6, C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali.

E’ opinione diffusa che in caso di trasferimento all’estero per motivi di lavoro, il possessore dell’immobile che mantiene la famiglia in Italia, possa continuare a godere dell’esenzione predetta.

Tale opinione spesso si basa sul fatto che l’immobile viene ritenuto essere abitazione principale in quanto continua ad essere abitato dalla famiglia che resta in Italia,.

A questo proposito, non deve essere confuso il concetto di abitazione principale ai fini IRPEF e ai fini IMU.

Se ai fini delle imposte dirette, infatti, è considerata abitazione principale l’immobile ad uso abitativo nel quale il contribuente, proprietario o titolare di altro diritto reale, o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente, ai fini IMU, ai sensi dell’art. 13 del DL 201/2011, convertito da L 214/2011, “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.

Nel caso delle imposte dirette, quindi, l’immobile è abitazione principale se il contribuente oppure qualche suo familiare vi dimora, mentre ai fini IMU (e TASI) lo è se il possessore vi dimora abitualmente e vi risiede anagraficamente.

Presupposto per l’esenzione IMU (e TASI) è dunque la sussistenza contemporanea del requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale.

Se il possessore si trasferisce all’estero, è evidente che, non può più dimorare abitualmente nell’immobile per il quale godeva dell’esenzione e quindi, per la sua quota parte, risulta essere soggetto all’IMU e alla TASI

Pertanto, dal mese in cui il possessore si trasferisce all’estero, ovvero trasferisce all’estero la dimora abituale, l’immobile – prima abitazione principale – sconterà IMU e TASI.

Più precisamente, se il trasferimento avviene nella prima parte del mese, le imposte sono dovute per il mese intero e i successivi, viceversa, se avviene nella seconda parte del mese, per quel mese continua a valere l’esenzione, mentre le imposte sono dovute per i mesi successivi a quello in cui è avvenuto il trasferimento.

Nell’ipotesi in cui l’espatriato volesse mettere a reddito il suo immobile, rimasto a disposizione e non più utilizzato come abitazione principale, potrà scegliere di assoggettare a tassazione il relativo canone di locazione a cedolare secca o a tassazione ordinaria.

Da molti è ritenuto più vantaggioso il sistema della cedolare secca, che come è noto si basa su un’imposta del 21% sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, e dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni del contratto; esistono peròdei casi in cui la tassazione ordinaria risulta essere di maggiore interesse.

Se il possessore, infatti, non ha altri redditi da dichiarare in Italia (in quanto per esempio si qualifica come non residente fiscale italiano) e ha sostenuto delle spese per lavori per i quali ha diritto a detrazioni (ad esempio per ristrutturazioni, per risparmio energetico, etc), le imposte sui redditi ordinarie possono essere abbattute da tali detrazioni, mentre se il contratto di locazione è assoggettato a cedolare secca, tali detrazioni non consentendo nessun beneficio (si perdono!).

Oppure ancora, nell’ipotesi in cui, se rimasto residente, il possessore non abbia redditi particolarmente elevati e può godere di deduzioni e detrazioni importanti, può capitare che la tassazione ordinaria sui canoni di locazione sia inferiore a quella determinata con l’aliquota della cedolare secca.

E’ dunque utile fare un confronto della tassazione con le due modalità, tenendo conto non solo di detrazioni e deduzioni eventualmente consentite, ma anche della diversa base imponibile dei canoni di locazione, che per il calcolo delle imposte ordinarie è costituita dal 95% dei canoni stessi, mentre nel caso di opzione per la cedolare secca la base imponibile è il 100% dei canoni.

Pertanto, prima di optare per la cedolare secca in sede di registrazione del contratto di locazione, può essere utile fare una simulazione delle imposte che sarebbero dovute in base ai due regimi, ordinario e cedolare secca, che sinteticamente può essere descritta come segue:

  • canone di affitto x 95% x aliquota IRPEF ( – detrazioni – deduzioni) + canone di affitto x 95% x aliquote addizionali regionale e comunale + 2% di imposta di registro per ogni annualità (o solo 1% se l’imposta viene divisa in parti uguali con il conduttore)
  • Canone di affitto x 100% x 21%.

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