Ho un dipendente a Bordeaux
A dicembre 2019 la nostra società, come la grandissima parte In questo numero: delle aziende italiane, si apprestava a chiudere i propri conti di bilancio: è buona prassi, in queste fasi, disporre di un sistema di KPI che aiuti a comprendere come il proprio business sia mutato nel corso dell’anno che si va a rendicontare. In quel periodo potevamo contare su cinque società clienti di diritto estero che avevano attivato una collaborazione con il nostro gruppo nel quadro della gestione di un loro dipendente, italiano e operativo in Italia, la cui società non aveva alcuna stabile organizzazione in Italia. Si trattava di società francesi, norvegesi, tedesche e spagnole: il business case era così residuale che solo investigando indietro nel tempo abbiamo potuto ricostruire questa informazione. È interessante notare come, alla data odierna, questo KPI sia radicalmente mutato: al 31 dicembre 2022 i gruppi con cui ci relazioneremo su questo tipo di attività saranno tra i 50 e i 55. È da specificare che non si tratterà solo di società di diritto estero che hanno aperto rapporti di lavoro con dipendenti italiani operativi in Italia in assenza di una stabile organizzazione nel nostro Paese, ma anche di società italiane che hanno assunto dipendenti stranieri in assenza di una loro permanent establishment nel Paese di residenza del loro nuovo dipendente.
Che cosa è successo in questi 36 mesi?
La risposta è verosimilmente intuibile e cioè che il Remote Working Internazionale è diventato un modello di business e di organizzazione operativa nei confronti del quale le aziende hanno abbattuto le loro prevalenti resistenze. Seguendo questa tendenza ECA Italia ha lanciato la sua seconda survey su questo specifico tema e anche qui un KPI sollecita immediatamente la nostra attenzione: se a luglio del 2021 il nostro Data Department aveva raccolto informazioni su 35 aziende, ad ottobre 2022 le aziende che hanno aderito al nostro Osservatorio sono state 91.
Una crescita così potente si coordina con un nuovo punto di vista che non può non aprire un dibattito nel mondo HR: come e quando è attivabile un piano di Remote Working Internazionale?
Le poche aziende con cui lavoravamo su questo tema nel 2019 avevano nell’Italia un loro target di business e combinavano questa loro esigenza con l’acquisizione di una risorsa italiana che potesse in qualche forma supportare lo scouting nel Paese, un’attività di rappresentanza con i clienti italiani, un monitoraggio di eventuali fornitori italiani ecc… Lo scenario post pandemico ha ampliato lo spettro di analisi e se da un lato le stesse aziende italiane hanno iniziato a domandare Remote Working Internazionale, dall’altro le ragioni alla base di questa domanda sono diverse. In precedenza, l’interesse della PMI italiana sul mercato tedesco era focalizzato sull’area manageriale technical&sales (con particolare coinvolgimento sull’aspetto relazionale e di rappresentanza) ora, invece, l’interesse verte anche sulla funzione R&D, con annessa valutazione di assunzione senza stabile organizzazione dove assumerlo in Germania. In questo caso una concreta opzione potrebbe essere quella di assumere un dipendente facendolo lavorare dalla Germania con specifica richiesta di presenza in Italia per non oltre 15 giorni all’anno da spalmare nel corso di 10/11 mesi.
Anche se tuttora è difficile stimare a che punto della curva di crescita si trovi questo fenomeno, è probabilmente questa nuova possibilità organizzativa che ha generato questa crescita di domanda di Remote Working Internazionale. Ad oggi, stiamo registrando casi, oltre che in Italia, in Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Olanda, Belgio, Irlanda, UK, Croazia: bisogna tenere però a mente che ogni Paese ha le sue peculiari declinazioni, riguardanti le modalità di stesura dei contratti di lavoro piuttosto che di set up organizzativo/amministrativo.