Gestione degli expats: come supportare al meglio il partner dell’espatriato?

In caso di assegnazione all’estero, sono parecchi i lavoratori che si trasferiscono nel Paese di destinazione insieme alla propria famiglia.

Ma la decisione di accettare o meno un’assegnazione internazionale è spesso rimessa alla possibilità del coniuge del candidato di svolgere attività lavorativa – o proseguire la propria carriera – all’estero, determinando per l’azienda potenziali difficoltà nell’attrazione di risorse in possesso dell’esperienza e delle skills richieste. Per questa ragione le aziende devono attribuire un’importanza sempre maggiore a un interlocutore spesso sottovalutato: il partner dell’espatriato.

Di seguito sono esaminate alcune delle soluzioni a disposizione delle società per supportare al meglio il partner dell’espatriato e, al contempo, agevolare i processi di mobilità internazionale all’interno dell’azienda.

Dall’indagine condotta da ECA International nel 2019 emergono i principali timori dei lavoratori in fase di valutazione di un potenziale espatrio; tra questi, la carriera e il reddito del partner occupano il secondo posto, sintomo della rilevanza rivestita dalla sfera familiare.

L’azienda in grado di fronteggiare efficacemente gli ostacoli legati alla famiglia dell’expat può con ogni probabilità contare su un pool più numeroso di risorse espatriate.

Per molti dei partner che seguono il dipendente all’estero, svolgere un’attività lavorativa nel Paese di destinazione rappresenta senz’altro una soluzione ottimale. Non bisogna però sottovalutare alcuni aspetti della massima rilevanza, quali:

  • l’eventuale necessità un permesso/visto di lavoro e/o la sponsorizzazione da parte di un datore di lavoro estero;
  • la conoscenza della lingua del Paese di destinazione;
  • il riconoscimento all’estero delle qualifiche di cui il soggetto è in possesso.

Le modalità di ottenimento del permesso di lavoro per il partner del lavoratore può variare a seconda di quanto disposto dalla legislazione locale. È bene inoltre ricordare che alcuni Paesi operano una distinzione tra coppie non sposate e coniugi, limitando la possibilità di ottenimento del permesso di lavoro unicamente a quest’ultimi.

Superati gli ostacoli normativi, bisogna inoltre tenere conto delle sfide pratiche da affrontare nel mercato del lavoro come, ad esempio, la ricerca di un nuovo impiego e l’adattamento a una nuova cultura del lavoro.

L’evoluzione tecnologica ha aperto la strada a nuove modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, offrendo ai lavoratori la possibilità di scegliere il luogo e l’orario di lavoro. Al fine di attirare a sé i migliori talenti, sempre più aziende infatti adottano politiche flessibili, che includano la possibilità di lavorare da casa e senza un orario prestabilito. Qualora il partner del candidato avesse questa possibilità all’interno della propria azienda, non sarebbe dunque semplice limitarsi a chiedere di lavorare a distanza? Ebbene, la società deve prima interrogarsi su alcune tematiche di primaria importanza, quali il rischio di stabile organizzazione, le implicazioni fiscali, giuslavoristiche e le norme di immigration locali. Senza contare poi le difficoltà pratiche che possono conseguire dal ruolo stesso che il soggetto riveste all’interno della propria azienda. A questo proposito, un numero sempre crescente di società sta implementando all’interno delle proprie politiche aziendali delle clausole ad hoc che possano delineare le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa all’estero al fine di gestire al meglio queste circostanze.

I lavoratori autonomi hanno senza alcun dubbio maggiori margini di flessibilità; tuttavia è necessario che abbiano consapevolezza delle implicazioni legali e fiscali del Paese estero di destinazione.

Anche la possibilità di lavorare da remoto sta gradualmente cambiando le regole del gioco, in particolar modo nell’ambito digitale. Naturalmente, anche in questo caso è fondamentale che il partner sia a conoscenza delle implicazioni legali e fiscali; la società, in questo senso, può supportare i lavoratori e i loro partner fornendo adeguata assistenza e consulenza.

In che modo le aziende supportano i partner degli espatriati che intendono lavorare all’estero?

L’indagine a cura di ECA International “Benefits for International Assignments” mostra che il 24% delle società offre un supporto al partner per proseguire il proprio sviluppo lavorativo e personale. Tale supporto può essere fornito sotto forma di consulenza per la carriera e assistenza per l’ottenimento del permesso di lavoro, se necessario. Alcune società offrono un ventaglio di servizi ancora più ampio, includendo networking e formazione per promuovere la carriera del partner o garantendo assistenza durante il rimpatrio.

Nell’ambito della stessa indagine, ECA International ha verificato anche se le aziende forniscono un’indennità cash volta a compensare la perdita di quella porzione di reddito nel caso in cui il partner fosse impossibilitato a lavorare. Non sorprende che l’erogazione di tale benefit sia poco comune (8%) e generalmente di valore nominale.

È interessante notare che oltre il 90% delle aziende che forniscono un supporto in denaro all’espatriato e non direttamente al partner. Questa prassi mette in evidenza una delle principali sfide che le società devono affrontare nella gestione dei rapporti con il dipendente e, potenzialmente, la sua famiglia. Affinché il partner possa partecipare attivamente a qualsivoglia programma offerto dall’azienda, è importante che la società gestisca la relazione in modo diretto. Le società in grado di gestire correttamente questo aspetto dell’espatrio ottengono risultati migliori e in minor tempo.

Un pensiero riguardo “Gestione degli expats: come supportare al meglio il partner dell’espatriato?

  • 4 Settembre 2022 in 01:52
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    Vero e pero che trasferirsi con tutta la famiglia non e una banalita e spesso si rifiuta un opzione perche conviene mantenere il doppio reddito che si ha nel proprio Paese: ottenere permessi di lavoro anche per il partner che accompagna non e sempre cosa garantita e l 80% dei partner e costretto a lasciare un impiego che poi, nel nuovo Paese, non trova piu. Ma se le donne sono state capaci di cambiare ruolo, gli uomini fanno piu fatica a farlo: una donna oggi lavora come un uomo, ma un uomo e difficile che svolga le mansioni domestiche come una donna. Non lo fa, almeno, con la stessa naturalezza. In questa epoca « nomade », chi sono gli espatriati? «Questa e una cosa che e molto cambiata da vent anni a questa parte. Prima gli espatriati erano considerati (e di solito lo erano davvero) dei lavoratori privilegiati : di solito erano bianchi, occidentali, di mezza eta, maschi, eterosessuali, con moglie e figli. Andavano all estero su richiesta della loro azienda e venivano profumatamente pagati, con una serie di benefit annessi, dalla casa alla macchina, con le scuole private per i figli pagate e vantaggi fiscali generali. Diciamo che fino a vent anni fa gli espatriati erano piu o meno cosi. Oggi, ben meno del 50% degli espatriati assomigliano a questo identikit. Quelli che vanno in Asia, per esempio, spesso arrivano per il loro primo impiego, perche magari non trovano lavoro nel loro Paese. E, in ogni caso, quando arrivano all estero, questi nuovi expat non e che siano particolarmente sovrapagati rispetto a chi abita la: sono insomma trattati come tutti gli altri lavoratori locali». Oggi esistono ancora pregiudizi sugli espatriati? «Si, molto. Quando si usa la parola expat , le persone pensano di avere a che fare con personaggi ricchi, che vivono una vita affascinante. Prima poteva essere anche vero, oggi di certo non e una cosa che accade a molte persone. Oggi un expat non vive in modo diverso da come vivrebbe a casa propria, a meno che non si tratti di qualcuno che si sposta in qualche zona particolarmente difficile e allora si, magari possono vivere  in contesti isolati e magari piu confortevoli rispetto alla popolazione del posto». Qual e il problema piu grande che un espatriato deve affrontare?

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