“English Expats in Italy”: gli effetti della Brexit

Nel caos della pandemia è partita in sordina la più eclatante delle novità del 2021: la Brexit e i suoi effetti. Se i beni di consumo e/o durevoli diretti nel Regno Unito dovranno scontare tempi di attesa in dogana ad oggi sconosciuti, qualcosa del genere potrebbe capitare, profilando il processo inverso, a Executives e tecnici britannici chiamati a svolgere prestazioni di profilo manageriale o professionale nell’Unione Europea e in particolare nel nostro Paese. Diventa in tal senso utile soffermarci qualche minuto sugli effetti pratici che la Brexit produrrà in termini migratori in Italia.

Il 2020 è stato su questo fronte un anno di transizione tant’è che l’accordo di recesso tra UE e UK consentiva, ai cittadini britannici già presenti nel nostro Paese, di poter gestire con adeguata flessibilità un così rilevante cambiamento quale il veder mutato il proprio status da “comunitario” a “extracomunitario”. L’accordo di recesso aveva infatti previsto una particolare tutela per i cosiddetti lavoratori frontalieri, ossia quei cittadini britannici che – nel caso di specie e in base all’art. 9 dell’Accordo di Recesso – esercitavano un’attività economica conformemente all’art. 45 o 49 del Trattato sul funzionamento dell’UE in uno o più Stati presso i quali non soggiornavano abitualmente. A partire dal 1° gennaio 2021 i medesimi lavoratori, previa esibizione di idonea documentazione in grado di dimostrare l’effettivo esercizio  in Italia un’attività economica  ai sensi del trattato sopra richiamate da prima del 31 dicembre 2020, possono in ogni caso richiedere alla Questura della provincia in cui è ubicata la sede di lavoro un documento elettronico, di validità quinquennale, che attesti il loro status. Diversamente, i cittadini del Regno Unito che non risultino iscritti all’anagrafe italiana alla data del 31 dicembre 2020 non potranno godere dei benefici derivanti dall’Accordo di Recesso. Ai fini del soggiorno in Italia questi lavoratori dovranno, pertanto, richiedere un permesso di soggiorno come cittadini di Paesi terzi: questa circostanza porterà di conseguenza le aziende interessate all’assegnazione in Italia di manager e specialisti britannici a muoversi in modalità analoga a quanto avviene già, da anni, nei casi di ingresso in Italia di personale extra UE.

Il parametro più verosimile sarà pertanto quello dell’art. 27 del Testo Unico Immigrazione, salvo indicazioni di diverso tenore al momento non evidenziate né annunciate. Si tratta di una criticità in più di cui tenere conto in sede di pianificazione, tanto più UK rimanga per molte aziende un Paese rilevante sul piano del business.

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