Australian….Open?

L’Australia è un Paese ricco di risorse e caratterizzato da dinamiche economiche estremamente virtuose. Il tasso di crescita medio annuo dal 1992 alla vigilia della pandemia ha oscillato sempre tra il 2% e il 3%, nettamente sopra la media Ocse. Nel 2021, secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’economia australiana si è classificata al dodicesimo posto su scala mondiale, scalando due posizioni dalla fase pre-pandemica. Seppure con il solo 0,3% della popolazione mondiale, l’Australia copre l’1,5% dell’economia globale. Sono molte le aziende italiane che si sono accorte dell’Australia: gli ultimi dati aggiornati ad aprile 2021 segnalano che le quote di export italiane nel Paese siano state del 26,2% per il settore meccanico, del 6% circa per quello farmaceutico e dell’elettronica, oltre a una crescita potente del settore agroalimentare, in cui l’Italia detiene una quota di mercato del 6%. Italia e Australia condividono pertanto una significativa interazione commerciale che prospetta ulteriori margini di evoluzione, la pandemia ha rallentato le relazioni generali ma ha mantenuto inalterata la bilancia commerciale a favore dell’Italia, al momento per circa 3,3 miliardi di euro.

Questa sintesi ci fa comprendere perché la “domanda di Australia” si sia molto sviluppata nell’ultimo quinquennio, con molte le aziende italiane che si affacciano nella “terra/continente di mezzo”, non solo per vendere ma anche per aprire consistenti e significativi piani di internazionalizzazione, sia attraverso progetti green field che M&A: l’effetto a valle è quello che ben conosciamo, ossia l’entrata in campo di manager e tecnici che devono guidare il piano di sviluppo della propria azienda in Australia. Proprio in questi giorni l’Australia ha assunto un ruolo di primo piano e in effetti, a ben vedere, l’ interesse si è focalizzato su un celebre “espatriato”, il numero 1 al mondo delle classifiche ATP di tennis, il serbo Novak Djokovic. La vicenda è nota e non è questa la sede per discutere o valutare tecnicamente il caso di specie.

L’occasione è invece propizia per porre all’attenzione delle aziende un tema di carattere gestionale che tocca da vicino l’Australia, il riferimento è alle procedure di immigrazione nel Paese. L’Australia è un paese molto complesso sul piano normativo e la rigidità che sembra emergere con il caso Djokovic sorprende solo chi non frequenta abitualmente corridoi e scrivanie aziendali che devono confrontarsi con la gestione delle risorse in Australia. Le aziende che hanno lavorato e lavorano con il nostro team Immigration sono ben consapevoli di ciò che si vuole intendere: espatriare un manager o un tecnico in Australia è un’operazione estremamente complessa sul piano migratorio ed è bene segnalare che non è una criticità che nasce a gennaio 2022. Può in tal senso essere utile “ripassare” insieme gli item chiave delle dinamiche migratorie australiane, avuto particolare riguardo del rilievo che il Paese ha per le nostre aziende internazionali, provvedendo altresì a sottolineare il pacchetto di restrizioni che si integrano al profilo normativo australiano in materia di immigrazione.

In Australia, ad oggi, è consentito l’ingresso unicamente a coloro che sono in possesso di cittadinanza australiana, ai residenti permanenti, ai familiari diretti di cittadino australiano o residente permanente, a diplomatici e loro familiari, a chi è in possesso di visto nella categoria innovazione/investimenti aziendali (subclass 188), a chi fa ingresso nell’interesse nazionale dell’Australia, a chi fornisce servizi medici o in una delle categorie di attività riconosciute come critiche/essenziali, a chi è in possesso di specifica esenzione dalle attuali restrizioni in vigore causa Covid-19. Dal 15 dicembre 2021, l’Australia consente l’ingresso in Australia anche a coloro che sono in possesso di passaporto vaccinale completo (vaccini riconosciuti dalla TGA – Therapeutic Goods Administration) senza necessità di richiedere a priori l’esenzione di ingresso e che siano detentori di idoneo visto rilasciato dalle autorità locali. Tra i visti più comuni e riconosciuti per motivi di lavoro troviamo il subclass 400 (Temporary Work Visa), il subclass 407 (Training Visa) ed il subclass 482 (Temporary Skill Shortage Visa).

I soggetti autorizzati a fare ingresso in Australia dovranno sottoporsi a un PCR test con esito negativo non oltre le 72 ore prima della partenza e compilare una dichiarazione di viaggio prima dell’ingresso. I viaggiatori con passaporto vaccinale completo sono peraltro esenti dalla quarantena una volta arrivati in Australia; tuttavia, tale esenzione resta a discrezione delle autorità di ciascun porto/terminal di ingresso.

Le società australiane che intendano accogliere personale straniero, devono essere in possesso di apposita licenza di sponsorship. A questo proposito segnaliamo che vi sono due tipologie di sponsorizzazione, la SBSStandard Business Sponsorship, e la OBSOverseas Business Sponsorship. Solo coloro in possesso di sponsorship approvata e riconosciuta dalla autorità locali potranno a loro volta sponsorizzare un visto di lavoro per una risorsa straniera che intende svolgere attività lavorativa in loco. In questo senso il visto di lavoro maggiormente richiesto è il visto 482 (Temporary Skill Shortage Visa), che potrà essere rilasciato con una validità di 2 o 4 anni.

È chiaro che parliamo di un profilo normativo estremamente complesso, che a gennario 2022 è forse ancor più ostico, ma che accompagna in realtà gestioni articolate delle risorse internazionali da anni. Quindi, in generale…”Australia is open but….it depends on many items and how you are organised”

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