Assunzione negli USA: le opportunità previdenziali per i lavoratori italiani
Se parliamo di lavoratori espatriati e di previdenza sociale, è necessario premettere che, in linea generale, vige il principio della territorialità dell’obbligo assicurativo: i contributi sono dovuti nel Paese dove viene prestata l’attività lavorativa. Tale principio subisce un’importante eccezione nei casi in cui esista una convenzione di sicurezza sociale, come nel caso di invio di lavoratori italiani negli Stati Uniti, che permetta di mantenere le contribuzioni nel Paese di origine.
In caso di assunzione negli Stati Uniti, la possibilità di optare per le coperture assicurative italiane in luogo di quelle statunitensi viene garantita a tempo indeterminato. Tuttavia, in caso di localizzazione in USA (instaurazione di un rapporto di lavoro diretto con la consociata statunitense e contestuale interruzione del rapporto “italiano”) ai fini del mantenimento delle coperture previdenziali italiane, la normativa richiede che il datore di lavoro statunitense sia, come nel caso in oggetto, una società controllata ex art. 2359 Codice Civile da un soggetto giuridico residente in Italia.
Un’altra caratteristica della specifica convenzione italo-statunitense consiste nel fatto che la stessa è limitata al solo settore pensionistico (IVS – Invalidità, Vecchiaia e Superstiti); le altre assicurazioni (maternità, disoccupazione, mobilità) non coperte dalla Convenzione devono essere disciplinati dalla Legge 398/87 (e cioè sulla base delle retribuzioni convenzionali).
Negli Stati Uniti, anche in caso di mantenimento delle coperture previdenziali italiane, sono comunque dovute le contribuzioni obbligatorie non coperte dall’accordo di sicurezza sociale, peraltro di costo assai limitato (si tratta dell’istituto per “l’Unemployment Insurance”).
In generale, quindi, per un cittadino italiano assunto negli USA, si possono verificare due situazioni:
- il lavoratore opta per il mantenimento della copertura previdenziale italiana;
- il lavoratore decide di contribuire al sistema previdenziale statunitense.
L’opzione deve essere esercitata dall’interessato entro i tre mesi successivi all’inizio di lavoro in USA, attraverso la presentazione di una semplice istanza al competente ufficio previdenziale.
In caso di opzione per la copertura italiana, l’azienda statunitense, datrice di lavoro, ha l’obbligo di versare:
- la contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti in Italia secondo le ordinarie regole italiane;
- la contribuzione agli istituti minori non coperti (maternità, disoccupazione, mobilità) in Italia ai sensi della Legge 398/87;
- la contribuzione obbligatoria non coperta dall’accordo, ossia l’Unemployment Insurance, negli Stati Uniti.
Al solo fine del versamento delle contribuzioni dovute in Italia la società statunitense dovrà nominare un rappresentante previdenziale in Italia (che ricoprirà anche la qualifica di sostituto d’imposta in Italia) e questi, in nome e per conto dell’azienda americana, provvederà al versamento di tutte le contribuzioni dovute in Italia (oltreché delle ritenute Irpef in caso di mantenimento della residenza fiscale in Italia del lavoratore). Per certificare il mantenimento della copertura pensionistica in Italia per tutto il periodo di lavoro negli Stati Uniti e, quindi, per godere della contestuale esenzione (limitatamente agli istituti coperti dalla convenzione) dalla contribuzione statunitense, dovrà essere richiesto all’INPS di competenza il rilascio del certificato di distacco previdenziale (modello IT/USA 4).
Cosa accade invece in caso di contribuzione al sistema statunitense?
Il presupposto necessario affinché possa operare la totalizzazione è l’esistenza di un periodo di contribuzione minimo in ciascuno dei due Stati contraenti. Tale periodo è pari a 52 settimane per l’Italia, e a 78 settimane per gli USA. Attraverso la totalizzazione In pratica, per poter beneficiare delle varie prestazioni, lo Stato contraente, al fine di accertare l’esistenza dei requisiti di assicurazione necessari per il diritto alla prestazione richiesta, deve, se necessario, prendere in considerazione anche i periodi di assicurazione maturati nell’altro Stato, totalizzandoli e, cioè sommandoli a quelli maturati in esso.
Da notare, comunque, che la totalizzazione dei periodi assicurativi è fittizia, in quanto i relativi contributi non vengono ricongiunti materialmente, o trasferiti dall’assicurazione di un Paese a quella di un altro Paese, ma rimangono acquisiti all’assicurazione del Paese nel quale sono stati effettivamente versati. Per ciò che riguarda la pensione verrà erogata pro quota dai Paesi interessati e determinata in base ai contributi effettivamente versati in ogni Paese ed in base al sistema vigente in ciascuno di essi.
A titolo esemplificativo, il lavoratore che possa far valere 18 anni di contribuzione in Italia e 3 anni di contribuzione in USA, raggiungerà, al verificarsi dell’età pensionabile secondo la legislazione italiana (attualmente 67 anni), il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell’assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, in quanto complessivamente potrà far valere il previsto requisito di almeno 20 anni di contribuzione. Tuttavia, la misura della pensione italiana sarà comunque rapportata alle sole contribuzioni versate in Italia (18 anni).
In conclusione, la localizzazione presso un datore di lavoro statunitense non comporta un danno previdenziale per il lavoratore italiano in termini di maturazione del diritto alla pensione. Tuttavia, l’eventuale interruzione dei versamenti contributivi al sistema pensionistico italiano, rende molto probabile che il minor importo di pensione italiana non possa essere “neutralizzato” dal pro quota di pensione statunitense.